La maternità non è per tutti

motherNella mia famiglia, ammesso che si possa definire tale, mia madre è il soggetto che sta umanamente regredendo. E’ un dato di fatto.

Torno a casa e la trovo che svomitazza nel lavandino. So che me ne pentirò, ma le chiedo cosa è successo e lei mi racconta che nell’ultima settimana ha preso 3 kili – inspiegabilmente – e ha iniziato con i pasti sostitutivi che vanno sciolti nel latte. Latte che a casa mia è già trasmigrato in panna da un pezzo. Digressione: mia madre è un essere umano che si ciba soltanto di minestrone a pranzo, insalata a cena e poi solo pasti veloci. Dove per pasti intendo fette biscottate con tonno e maionese o crakers, wuster e ketchup. La dieta dei campioni però è stata messa in standby al momento, soppiantata dalla nuova dieta dei pasti sostitutivi, solo liquidi, ci tiene a precisare. Non mi dilungo nella spiegazione perché non c’è alcuna logica e non vorrei che qualche malcapitato finito per sbaglio su questo blog possa mai, per caso, metterla in atto. Se dovesse prendere campo tale regime alimentare ne andrebbe dell’esistenza del genere umano, e io già sto messa male di mio a sensi di colpa.

La cucina non è mai stata il regno di mia madre. L’avrò vista cucinare si e no 4 o 5 volte in vita mia. E ogni volta le sue discese in campo equivalevano ad un happening di Pollock in grande stile: padelle bruciate, sugo fino al soffitto e una volta un principio di incendio, senza dimenticare il quasi-ricovero di tutti per intossicazione. Per questo, nessuno di noi ha mai insistito per vederla dietro i fornelli e lei ha capito come superare il problema. Negli anni della mia adolescenza, la cena  era scandita da precisi appuntamenti settimanali: lunedì – pollo arrosto dell’arabo sotto casa, martedì – kebab, mercoledì – svizzera al formaggio della gastronomia vicina, giovedì – piada, venerdì – pizza. E’ un vero mistero della Fede come io e mia sorella non pesassimo centoventordici kili. Leggermente ripetitivo. Ma in seconda liceo approdai ai disordini alimentari e risolsi il problema alla radice.

Tornando al 2014, devo dire però che in questo periodo si preoccupa per me. Oggi ha così deciso che lo stato della mia cellulite andava tenuto sotto controllo: mi ha convinto a preparare un beverone drenante da portare a lavoro. La pozione color benzina con l’odore di asciugamano bagnato chiuso in una busta da anni, ha fatto capolino sulla mia scrivania per tutto il giorno. Chiunque passasse ne rimaneva colpito. In realtà, ho registrato una generale benevolenza nei miei confronti tra i colleghi. Stavano chiaramente pensando che volessi suicidarmi.

Ah dimenticavo. Prima di uscire mi ha salutato: “Ciao. Ma non è che mi rimani zitella per tutta la vita, no?”. Questa donna è delicata come un fucile.

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